Quale relazione tra cervello e intestino

di Federica De Nunzio, psicologa-psicoterapeuta

La relazione tra il cervello e l'intestino è nota come l'asse intestino-cervello o l'asse intestino-encefalico. Questa connessione è stata oggetto di molti studi scientifici negli ultimi anni e si è scoperto che il cervello e l'intestino sono strettamente collegati e comunicano costantemente tra di loro.

Il cervello e l'intestino sono collegati tramite il sistema nervoso autonomo, che è diviso in due componenti principali: il sistema nervoso simpatico e il sistema nervoso parasimpatico. Il sistema nervoso simpatico è coinvolto nella risposta di "lotta o fuga" del corpo. Esso è responsabile della mobilitazione delle risorse del corpo in risposta a situazioni di pericolo, stress o stimoli emozionali intensi. Quando il sistema simpatico viene attivato, si innescano una serie di risposte fisiologiche che preparano il corpo a reagire in modo rapido ed efficace.

Il sistema nervoso parasimpatico, invece, è coinvolto nella risposta di "riposo e digestione". Il suo ruolo principale è quello di promuovere il riposo, il rilassamento e il recupero del corpo, contrastando l'attivazione del sistema nervoso che prepara l'organismo simpatico per rispondere a situazioni di stress o pericolo.

Entrambi questi sistemi nervosi comunicano tra loro attraverso il nervo vago, che è la via principale di comunicazione tra il cervello e l'intestino.

Inoltre, il sistema enterico, che è il sistema nervoso del tratto gastrointestinale, è in grado di funzionare indipendentemente dal cervello. Questo sistema nervoso enterico contiene un numero impressionante di neuroni, superiore a quelli presenti nel midollo spinale, ed è in grado di regolare il funzionamento dell'intestino senza il coinvolgimento diretto del cervello. Tuttavia, il cervello può influenzare l'attività del sistema enterico e viceversa.

La comunicazione tra cervello e intestino avviene anche attraverso sostanze chimiche chiamate neurotrasmettitori. Ad esempio, il cervello produce serotonina, che è coinvolta nella regolazione dell'umore, e circa il 95% della serotonina nel corpo si trova nell'intestino. Altri neurotrasmettitori, come il GABA e il glutammato, sono coinvolti nella comunicazione tra cervello e intestino.

Questo collegamento tra cervello e intestino è importante per diversi aspetti della salute e del benessere. Perturbazioni dell'asse intestino-cervello sono state associate a disturbi gastrointestinali, come il colon irritabile, nonché a disturbi del tono dell'umore, come l'ansia e la depressione. Inoltre, si è scoperto che l'equilibrio della flora batterica nell'intestino, nota come microbiota intestinale, può influenzare la funzione cerebrale e il comportamento.

In sintesi, la relazione tra cervello e intestino è bidirezionale e complessa. Il cervello e l'intestino si influenzano a vicenda attraverso il sistema nervoso, i neurotrasmettitori e il microbiota intestinale, svolgendo un ruolo importante nella salute e nel benessere generale.

Metabolismo glucidico: cos'é e come funziona

di Piera De Sanctis, biologa nutrizionista

Il metabolismo degli zuccheri è quel processo attraverso il quale l’energia contenuta negli alimenti che mangiamo viene resa disponibile come fonte energetica per il nostro organismo. Le cellule del corpo utilizzano il glucosio direttamente per la produzione di energia, e la maggior parte di esse utilizza anche gli acidi grassi; il glucosio e il fruttosio vengono metabolizzati in maniera diverse e per questo un loro consumo eccessivo può avere nel tempo implicazioni negative per la salute.

Quando si assumono cibi si registra un innalzamento ed un seguente calo dei livelli di glucosio nel sangue, poiché questo passa dal tratto gastrointestinale al sangue, in cui viene assorbito e trasportato nelle cellule del corpo. La presenza di glucosio nel sangue stimola il pancreas alla produzione di insulina, che poi attiva l’assorbimento del glucosio da parte delle cellule, riportando i livelli di zuccheri nella norma. L’insulina blocca la combustione dei grassi a favore di quella del glucosio, che diventa così la fonte energetica principale per l’organismo. L’eccesso di glucosio viene immagazzinato come glicogeno nei muscoli, o come lipidi nel tessuto adiposo.

Avere un corretto metabolismo glucidico ed avere un corretto rapporto tra glicemia e produzione di insulina ( indice HOMA<2,5), oltre ad essere un indicatore del corretto funzionamento delle cellule beta del pancreas, ci aiuterà ad avere un migliore metabolismo e ad ingrassare meno.
Esiste, infatti, una condizione sub-clinica chiamata sindrome da insulino resistenza che è rappresentata appunto da una sensibilità molto bassa nei confronti dell’insulina da parte dei recettori cellulari.
La sindrome da insulino resistenza è causa primaria della così detta sindrome metabolica, condizione caratterizzata da obesità addominale, ipercolesterolemia, livelli di pressione vicini alla soglia massima etc. I valori ematici di insulina ( insulinemia) si possono dosare in laboratorio ma esistono anche segni indiretti di un dismetabolismo dell’ insulina, facilmente riscontrabili soprattutto nelle donne.
I valori di acido urico, ad esempio, nelle donne dovrebbero essere al massimo di 6 mg/dl (ma sarebbe meglio mantenerlo addirittura sotto i 5 mg/dl). A differenza di quanto si crede, l' incremento di acido urico non dipende da un eccesso di purine nell’ alimentazione, e perciò da un eccesso di alimenti di origine animale, ma dipende moltissimo da un eccesso di fruttosio e da un dismetabolismo dell’ insulina: quest’ ultima, infatti, determina un rallentamento nell’ escrezione di acido urico a livello dell’ ansa renale, innalzandone perciò i valori ematici. Possiamo quindi dire che L iperinsulinemia comporta iperuricemia e che L’ iperuricemia può essere considerata un segno indiretto di iperinsulinemia.
Un altro sintomo indiretto di iperinsulinemia è il colesterolo HDL o colesterolo “buono” con valori bassi cioè al di sotto dei 40 mg/dl. Un ulteriore segno indiretto di dismetabolismo glucidico è rappresentato dall’ incremento del valore di LH e da un rapporto tra LH e FSH maggiore di 2.

L'importanza del sonno per la nostra salute

di Elettra Agovino, Biologa Nutrizionista

Dormire. Sembra una cosa naturale, una fase di transizione che scandisce il passaggio tra “oggi” e “domani”. E se non fosse solo questo?

Per definizione: “Il sonno è un processo fisiologico comune alla maggior parte delle specie animali, caratterizzato da un’attività motoria ridotta o assente e da uno stato di marcata dissociazione rispetto agli stimoli sensoriali provenienti dall’ambiente”.

Dormire fa bene, questo è noto a tutti, ma anche i benefici del sonno hanno regole precise.

Prima regola importantissima è la durata del sonno.
Per favorire un riposo salutare e avere un risveglio senza stanchezza, è importante dormire almeno 7-8 ore a notte, cercando di rispettare orari regolari (tra le 22:00 e le 6:00).

La seconda riguarda l’alimentazione.
Per garantirsi una notte serena è importante non appesantirsi eccessivamente e non consumare bevande eccitanti o stimolanti, ad esempio bevande a base di caffeina e teina.
Contrariamente a quanto si pensa, consumare carboidrati complessi, come ad esempio pasta o patate, favorisce la fase di addormentamento, mentre sostanze o cibi molto ricchi di zuccheri semplici, come i dolci,  tendono a dare più energia “istantanea” generando sovreccitamento e difficoltà a prendere sonno.

La terza è legata all’ambiente in cui si riposa.
La nostra camera da letto deve ispirarci calma e fiducia. Per tale scopo si può ricorrere a oggetti familiari o modificare la posizione del letto. Importante è chiudere le finestre qualora queste affaccino su zone rumorose e limitare le entrate di luce da queste.
Tuttavia, vista la situazione attuale, in molti casi la nostra stanza diventa anche sede di ufficio, con lo smart working, o di aula, in caso di bambini e docenti in DAD, il che porta a non identificarla più come un luogo della nostra privacy, bensì ad una fonte di stress.

Ultima, ma non per importanza, riguarda le fonti elettroniche.
È importante non avere fonti elettriche (computer, tablet, cellulari ecc.) sul comodino e non trascorrere gran parte della giornata esposti alle luci bianche di questi dispositivi.
Questo, purtroppo, nella società attuale è un fattore difficile da evitare poiché pc, tablet e dispositivi analoghi sono ormai parte integrante di molti lavori. Ancor di più con l’insorgenza, a causa della pandemia che ci ha colpiti, di smart working e DAD. Queste due situazioni influenzano negativamente il sonno per due aspetti. In primo luogo, aumentano notevolmente le situazioni di stress, ma anche perché, come detto, implica un numero di ore molto elevato di esposizione ai dispositivi elettronici. 
Altrettanto importante è spegnere questi dispositivi almeno 30-40 minuti prima di metterci a letto, in modo da “spegnere” la mente e non avere collegamenti esterni che possono farci attivare pensieri negativi.

Ma perché rispettare queste regole? Quali sono i reali benefici del sonno?

Gran parte delle funzioni del nostro corpo, tra cui produzione di ormoni, mantenimento della temperatura corporea, del ritmo cardiaco e del metabolismo, hanno un’attività regolata da ritmi circadiani, che sono influenzati dall’alternanza sonno/veglia. La variazione di questi ritmi altera alcuni geni che vanno a loro volta ad influenzare il rilascio di ormoni che possono indurre disturbi del sonno.

Dormire bene, nelle giuste condizioni e per il tempo giusto, quindi, porta innumerevoli benefici per la salute tra cui:

La prima colazione

di Ersilia Palombi, Medico - Specialista in Scienza dell’alimentazione

Consumare regolarmente la prima colazione è fonte di maggiore salute e benessere a tutte le età: consigli pratici, falsi miti e informazioni utili.

Consumare regolarmente la prima colazione si associa ad un migliore stato di salute e benessere a tutte le età: lo dimostra un numero crescente di evidenze scientifiche, raccolte in differenti paesi del mondo e nell’ambito di stili alimentari molto diversi fra loro.

Sia i risultati delle revisioni sistematiche della letteratura, sia le indagini statistiche condotte su campioni di popolazione documentano tuttavia come il primo pasto della giornata sia in realtà il più sottovalutato, e spesso del tutto dimenticato.

Specialmente in Italia, vuoi per abitudine, vuoi per la fretta mattutina legata agli orari di lavoro, si tende a ricorrere a una frettolosa tazzina di caffè e ad un graduale abbandono da parte dei bambini del consumo di latte.

Vari studi, condotti su campioni della popolazione italiana, confermano che l’abitudine, la fretta e la mancanza di appetito sono tra le cause principali del “non fare colazione”.

Significato della prima colazione

Al termine del periodo di digiuno notturno, la prima colazione ha la funzione di fornire la disponibilità energetica necessaria per affrontare le attività della giornata.

Il primo effetto negativo è il peggioramento della performance nelle prime ore del mattino che si manifesta con una minore capacità di concentrazione e di resistenza all’esercizio fisico.

Sono almeno due i meccanismi biologici mediante i quali la prima colazione può modulare favorevolmente la funzione del cervello: mantenendo il rifornimento di nutrienti indispensabili per il sistema nervoso e, a lungo termine, migliorando l’apporto nutrizionale complessivo della dieta, che è a sua volta importante per l’efficienza dei processi cognitivi.

Si sviluppa un maggiore senso di sazietà e l’assunzione di una minore quantità di calorie nei pasti successivi, specialmente se la colazione contiene una buona quota di carboidrati e di fibra.

Abitudine alla prima colazione e rischio di sovrappeso e obesità.
Falsi miti e reali benefici

Le linee guida italiane (pubblicate dall’ Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, INRAN) suggeriscono di assumere con la prima colazione circa il 15-20% delle calorie giornaliere.

Contrariamente a quanto si crede, queste quote caloriche non aumentano il rischio di eccedere l’apporto energetico giornaliero totale, infatti i consumatori abituali di prima colazione sono meno predisposti al sovrappeso ed all’obesità.

La prima colazione può contribuire al controllo dei fattori di rischio delle malattie croniche (specie le cardiovascolari) anche influenzando la composizione della dieta in generale.

Chi consuma la prima colazione assume quote maggiori di fibra, calcio, vitamine, minerali, e quote minori di grassi.

Inoltre, per i ragazzi, il consumo della prima colazione si accompagna ad una maggiore assunzione di latte, fondamentale per l’apporto di calcio, elemento indispensabile per la formazione dell’osso nel bambino.

Meglio consumare il latte che i succhi di frutta che sono più dolci e meno nutrienti e contengono poca fibra; a questi ultimi è preferibile la frutta fresca. Infatti, il “picco di massa ossea" si raggiunge intorno ai 20-22 anni e costituisce il patrimonio di calcio che le ossa riescono ad utilizzare nel corso della vita. Nelle ragazze, il tessuto osseo accumulato tra gli 11 e i 13 anni è pari a quello perso nei 30 anni di vita successivi alla menopausa.

Una delle migliori misure per ritardare le fratture dovute all’Osteoporosi nell’anziano è quella di sviluppare ossa più forti durante l’adolescenza; infatti, l’osteoporosi si previene con una corretta assunzione di calcio nel bambino.

Una prima colazione “piacevole” nell’ambito del contesto familiare è un requisito essenziale per il suo mantenimento nel bambino.

Ma cosa mangiare a colazione?

Una Consensus preparata dalle più importanti Società Scientifiche Italiane (nel 2009) consiglia dei modelli di prima colazione. Ovviamente nessuno di questi modelli è perfetto, però una intelligente rotazione di essi, faciliterà l’abitudine ad assumere regolarmente una colazione completa.

La colazione può essere anche golosa, ma senza esagerare e tenendo conto dell’attività fisica svolta nella giornata.

Pane, biscotti, fette biscottate e cereali pronti rappresentano la fonte principale di carboidrati complessi della prima colazione.

Il latte ed i suoi derivati rappresentano la fonte principale di proteine e grassi)

Modello 1
Latte / yogurt (200 ml) biscotti secchi (52 gr), spremuta (100 ml)

Modello 2
Latte / yogurt (200 ml) cereali fiocchi di riso e frumento (possibilmente integrali (30 gr), mela gr 150

Modello 3
Latte / yogurt (200 ml) brioche non farcita (50 gr), mela gr 150

Modello 4
Latte / yogurt (200 ml) cereali tipo corn flakes (possibilmente integrali (30 gr), mela gr 150

Modello 5
Latte / yogurt (125 ml) pane (50 gr) burro (10 gr), marmellata (30 gr) spremuta (100 ml)

Modello 6
Latte / yogurt (125 ml), pane (50 gr) crema spalmabile (al cioccolato, alla nocciola) 30 gr, mela (100 gr)

Infine, non si esclude la possibilità di iniziare la giornata con pane, pomodoro, olio d’oliva e frutta! Potremmo provare a “creare” nuovi modelli di colazione, ispirandoci ad altri Paesi o a quella consumata dai nostri nonni!

È però fondamentale ruotare fra i modelli presentati, affinché l’assunzione dei nutrienti sia completa. Le quantità in grammi indicano orientativamente il volume di alimenti necessario ad un ragazzo, ma sono riconducibili ad uno schema standard da seguire con costanza, alternando gli alimenti.

Attenzione mamme!

Un ingrediente importante della colazione è la mamma: deve essere presente. Il fatto di vederla ogni mattina impegnata a spalmare la marmellata su una fetta di pane rassicura il bimbo, gli fa vedere che ci si prende cura di lui, insomma un’immagine vale più di tante parole.

Non dimenticate mai che è importante per i bambini cominciare la giornata con la prima colazione, proponetela con entusiasmo, preparatela con attenzione, il risultato si vedrà negli anni sulla salute dei vostri figli.

Musicoterapia e disturbi del comportamento alimentare

di Sara Bernardi, musicoterapeuta

La prevalenza dei tre principali disturbi del comportamento alimentare (anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata) è in pericoloso aumento.

Nell’ultimo ventennio abbiamo assistito ad un’impennata di casi tanto che, negli Stati Uniti, le associazioni mediche che si occupano di disordini alimentari non esitano a definirli una vera e propria epidemia che attraversa tutti gli strati sociali e le diverse etnie. Secondo la American Psychiatric Association sono la prima causa di morte per malattia mentale nei paesi occidentali.

Tali disturbi riguardano le problematiche che interessano la relazione fra l’individuo e il cibo, le quali finiscono per causare effetti devastanti sulla persona che ne soffre, sia dal punto di vista fisico che mentale a tal punto da arrivare a causare danni multi-sistemici a carico di diversi apparati, come il gastrointestinale, il cardiovascolare, l’endocrino. Inoltre possono provocare seri danni a reni e fegato e danneggiare denti e gengive. Le donne sono soggette ad amenorrea (nel caso della anoressia) e ad altri disturbi relativi al ciclo; comportano altresì problemi a carico del sistema nervoso causando deficit di memoria, attenzione e concentrazione.

Gli effetti psicologici sono altrettanto devastanti: chi soffre di disturbi del comportamento alimentare, infatti, tende a sviluppare problematiche psicologiche quali depressione, basso livello di autostima, senso di vergogna e colpa, difficoltà a mantenere relazioni sociali e familiari, sbalzi di umore, tendenza a comportamenti manichei e maniacali, propensione al perfezionismo (Istituto Superiore di Sanità).

Un numero sempre più crescente di pazienti affetti da tali problematiche chiede assistenza professionale, pertanto vi è la necessità di creare ulteriori strategie di trattamento che non si limitino ai ricoveri nei reparti di psichiatria o alla nutrizione forzata e che puntino ad un approccio multidisciplinare.

L’equipe che prende in carico la persona con disturbi del comportamento alimentare, dovrebbe comprendere psichiatri, psicologi e nutrizionisti ai quali affiancare, come valido supporto, un percorso musicoterapico che miri all’apertura di canali sensoriali ed emotivi attraverso cui la persona possa rientrare in contatto con il proprio corpo, i vissuti emotivi che la coinvolgono e i comportamenti che ne derivano, riflettendo sull’immagine che ha di se stessa e sulla maniera di relazionarsi con l’altro da sé (L. Guerra)

Spesso, chi soffre di questi disturbi tende a chiudersi, abbandona la volontà di comunicare con gli altri ma anche con se stessi, perdendo così il contatto con il mondo esterno ed interno. In mancanza di una volontà di condividere verbalmente gli stati emotivi interni, la musicoterapia, favorendo una comunicazione senza parole attraverso cui poter veicolare i propri stati emotivi, risulta essere un efficiente canale di apertura , nonché un ponte fra mondo interno e mondo esterno.

Ascoltare o produrre musica insieme al musicoterapista (e con il gruppo), conduce a poco a poco il soggetto nell’ambito dei ricordi, delle sensazioni, dei blocchi mai superati (L. Guerra). In questo modo sarà possibile aprire una finestra sul vissuto della persona e sciogliere quei nodi apparentemente indissolubili che portano tanto disagio, creando un percorso attraverso il quale passare dalla possibilità di esprimere le proprie emozioni alla capacità di decodificarle e regolarle.

Tale percorso sarà strutturato e calibrato sul rispetto delle esigenze e delle risorse della persona che lo intraprende, con estrema attenzione al tipo di disturbo e alle difficoltà che questo comporta. Il musicoterapista valuterà se proporre un intervento individuale, di gruppo, o se combinarli entrambi e se utilizzare una musicoterapia attiva, che prevede l’improvvisazione musicale da parte della persona in interazione con il terapista o gli altri membri del gruppo, recettiva che non consiste nel mero ascolto passivo di musica, ma nel creare le condizioni affinchè si attivino le funzioni logiche dello spirito umano ,(Riemann) o entrambe. La prima, attraverso l’improvvisazione, consente di stabilire un rapporto fra i partecipanti e facilitarne l’espressività, la seconda favorisce la comparsa di reazioni affettive, stimola l’immaginario, e distende corpo e mente. In ogni caso la persona sarà inserita in un contesto accogliente e contenitivo in cui potrà sentirsi libera di esprimere se stessa all’interno di una relazione di aiuto.

Un percorso musicoterapico ben strutturato, può migliorare la qualità della vita, le relazioni interpersonali e le capacità sociali nelle persone con disturbi mentali. Non solo: la musicoterapia può aiutare a promuovere l'autodeterminazione e la collaborazione con i pazienti concentrandosi sui punti di forza e sulla pratica orientata alle risorse.

La letteratura sostiene l’efficacia della pratica musicoterapica nel recupero della salute mentale, ponendo grande enfasi sull'empowerment, ovvero la conquista della consapevolezza di sé e del controllo sulle proprie scelte, decisioni e azioni, sia nell'ambito delle relazioni personali sia in quello della vita politica e sociale. Maggiore effetto si riscontra in contesti di ricovero ospedaliero, in cui l’autodeterminazione e la libera scelta possono risultare oppresse.

La musicoterapia può offrire una motivazione per il recupero dai disturbi alimentari, la distrazione da pensieri e sentimenti negativi, un senso di autonomia e di espressione creativa. Casi di studio riportano esperienze di pazienti che hanno descritto sentimenti di rinnovata fiducia in se stessi e di empowerment attraverso la partecipazione alla musicoterapia. In uno studio qualitativo che esplora le percezioni del canto di gruppo di otto persone con disturbi alimentari, i partecipanti hanno riportato diversi benefici emotivi e cognitivi, tra cui l'impegno mentale e l'opportunità di prendere le distanze dai problemi della vita.

Il comfort food: coccolarsi con il cibo del cuore

di Elettra Agovino, Biologa nutrizionista.

Con il termine Comfort Food si intende qualsiasi alimento, a cui ognuno di noi affida un sentimento, un valore consolatorio e/o nostalgico.

L’origine di questo concetto è molto vecchia, già Marcel Proust ne “Alla ricerca del tempo perduto”, agli inizi del 1900, fornisce una descrizione degli effetti nostalgici e consolatori che hanno alcuni alimenti.
Tuttavia il temine così come viene inteso oggi verrà coniato successivamente, negli anni ’70, diventando non più il cibo del ricordo, bensì quello del conforto e della sicurezza nel presente.

Il consumo di comfort food è spesso visto come un meccanismo di automedicazione, ma con effetto temporaneo, tuttavia ha come conseguenza quella di essere una delle principali cause di obesità, non solo per lo scarso valore nutrizionale del cibo, ma anche perché la sua introduzione non è controllata dai recettori della sazietà, quindi non risponde allo stimolo della fame.

Non saremo mai sazi, perché mangiare quel determinato alimento ci fa sentire bene, e non si può essere mai sazi del bene.

Questi cibi possono essere di vario genere ma comunemente sono ipercalorici, ricchi di grassi, sale o zucchero, come il gelato, il cioccolato o le patatine fritte, poiché questi sono in grado di attivare il sistema di ricompensa nel cervello umano, che dà un piacere gratificante o un senso temporaneo di elevazione emotiva e relax, in quanto capaci di indurre il rilascio di endorfine, dopamina e serotonina.
In particolari condizioni psicologiche, come stress, traumi o tristezza, le persone consumano il comfort food per concedersi un piacere occasionale o, quando provano emozioni negative, possono rifugiarsi in alimenti poco salutari per compensare temporaneamente il loro malessere.
Spesso si prediligono cibi che riportano a momenti dell’infanzia, momenti felici della nostra vita, oppure ancora si è spinti verso prodotti collegati a persone che sono state per noi importanti. Per questo motivo la scelta è fortemente individuale, alcuni prediligono il dolce, generalmente prodotti contenenti cioccolato, altri prediligono i carboidrati complessi quali pizza, pane e pasta, spesso si cercano cibi cremosi e morbidi che “accarezzano il palato”.

Ulteriori studi suggeriscono che il consumo di comfort food sarebbe innescato negli uomini da emozioni positive, mentre, al contrario, nelle donne sarebbe dovuto a emozioni negative. L'effetto dello stress risulta particolarmente evidente tra le ragazze di età universitaria: risulta infatti che solo il 33% di esse consuma cibi sani durante i periodi di particolare stress emotivo.

Sebbene non sembrino esistere delle correlazioni fra le caratteristiche dei singoli individui e i comfort food che ciascuno predilige, uno studio dichiara che, negli Stati Uniti, "i maschi preferiscono cibi caldi, sostanziosi, correlati ai pasti (bistecche, sformati e zuppe), mentre le femmine prediligono cibi consolatori più simili agli snack (cioccolato e gelato ad esempio). Inoltre, i più giovani optano perlopiù per i comfort food come gli spuntini a differenza delle persone che hanno più di 55 anni. lo stesso studio asserisce che il bisogno di mangiare dei comfort food avrebbe forti correlazioni con il senso di colpa

Il fenomeno del comfort food è nettamente aumentato nel corso del 2020 in seguito alla pandemia che ci ha colpito. In un periodo così difficile come quello che stiamo vivendo, in cui vengono meno i concetti di certezza e normalità, il cibo diventa un’ancora di salvezza. Durante il primo lockdown nel mese di marzo, in quasi tutta la penisola italiana si sono riscoperti i vecchi piaceri della tavola, della pizza e del pane fatti in casa, del cibo “così come lo faceva la nonna”. In questo modo è subentrato l’effetto placebo accennato prima, la riscoperta della cucina e dei vecchi sapori ha riportato alla mente i ricordi felici dell’infanzia, l’affetto e la serenità che i nonni hanno sempre portato nei momenti di tristezza, cercando, temporaneamente, di evadere dal mondo reale e di trasferirsi in un mondo più “comfort” in cui sentirsi al sicuro.

DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE: CRITICITA' MEDICHE

di Ersilia Palombi, medico nutrizionista.

La prima cosa che ci colpisce di un anoressico è la magrezza che può essere dovuta a varie cause (anoressia nervosa, magrezza costituzionale, malattie gastrointestinali, celiachia, diabete, ipertiroidismo), quindi è fondamentale una corretta diagnosi differenziale. Nell’anoressico si riscontra una magrezza “secondaria” che può essere conseguenza di malnutrizione per difetto calorico e/o calorico proteico. Per valutare lo stato di magrezza si procede controllando le pliche cutanee, calcolando il BMI, utilizzando l’ impedenziometria, per avere indicazioni sulla quota di massa magra e di massa grassa del paziente Vanno quindi effettuati: Controllo degli apporti di energia e nutrienti (storia dietetica, controllo consumi, indagini ricordo (dietary recal ); Antropometria e composizione corporea (peso, altezza, BMI, pliche cutanee (< di 14,9 mm donne, < di 11,3 mm uomini), circonferenza muscolare brachiale (< di 20,9 cm donne e < di 22,8 cm uomini); Test di laboratorio: Proteine plasmatiche (albumina, transferrina, prealbumina) Sideremia, Calcemia, Emocromo. Valutazione degli indicatori di attività ormonale. Osservazione di cute ed annessi: Si possono riscontrare: Viso: pallido, Capelli: fragili, secchi e radi, Occhi: affossati ed arrossati. Labbra: tumefatte, rosse, con fessure ai lati, Gengive: sanguinanti, Lingua: rossa, tumefatta. Cute: secca, desquamata, Unghie: fragili e rigate, peluria diffusa sugli arti (LANUGO) Alterazioni neuromuscolari (tremori e movimenti involontari) Amenorrea (che spesso compare quando il peso è inferiore a 49 Kg) Conseguenze organiche: Nutrizionali, Endocrine Conseguenze cardiovascolari: ipotensione, bradicardia, aritmie, riduzione della massa cardiaca, versamento pericardico, anemia. Danni Muscoloscheletrici: crampi, tetania, debolezza muscolare, osteopenia, fratture Problemi Digestivi: stipsi, diarrea, problemi dentali, ridotto svuotamento gastrico, dolori addominali, aumento degli enzimi epatici Danni Renali: diminuzione della filtrazione glomerulare, litiasi renale, edemi, poliuria notturna. Scompensi Idroelettrolitici: disidratazione, Ipokaliemia Complicanza grave e difficilmente reversibile è l’OSTEOPOROSI, dovuta a ipogonadismo e deficit di vit D e di calcio. Analisi di laboratorio, cosa possiamo trovare: aumento degli enzimi epatici, deficit immunitari, carenze vitaminiche, diminuzione della prealbumina plasmatica, diminuzione della trasferrina, alterazione degli elettroliti. Per valutare lo stato di nutrizione si deve procedere con una buona Anamnesi (abitudini alimentari, prescrizione dietetiche attuali, allergie e intolleranze alimentari, contesto psico-sociale, livello di autosufficienza, fame e sazietà, modifiche di odorato e gusto, avversione per specifici alimenti, problemi legati alla consistenza dei cibi, consumo di alcool, snack, utilizzo di supplementi minerali o vitaminici, utilizzo di prodotti dietetici commerciali, vomito, sangue nelle feci, diarrea, steatorrea. Fra gli indici staturo – ponderali quello più usato è il BMI (Bodi max index) che può essere calcolato attraverso la formula BMI= peso (KG) / altezza in metri 2 (elevata al quadrato) I criteri di riferimento per il BMI sono: sottopeso <18,5, normopeso 18,5-24,99 - sovrappeso25-29,99 >30 obesità.Un BMI inferiore a 18,5 è indicativo di malnutrizione. Un esame che può aiutare nella valutazione dello stato di nutrizione è la bioimpedenziometria che permette di valutare la massa grassa, la massa magra e lo stato di idratazione.

Rialimentazione

Identificata e per quanto possibile risolta la causa della magrezza, il regime alimentare deve riportare il peso corporeo il più vicino possibile ad un peso accettabile, e anche ricostruire il patrimonio tissutale. Deve essere condotta con gradualità per evitare una sindrome da refeeding (rialimentazione), processo molto delicato e complesso. Pertanto non bisogna cercare di soddisfare i fabbisogni nutrizionali tutti e subito. I pasti dovranno essere gradevoli, appetibili secondo i gusti individuali, scegliendo gli alimenti più digeribili, meglio tollerati, di più facile assorbimento; in essi devono essere contenuti a sufficienza tutti i nutrienti, anche l’eventuale uso di integratori andrà fatta con precauzione. Evitare porzioni abbondanti, cibi molto voluminosi. L’apporto idrico totale deve essere controllato. In una prima fase l’apporto calorico deve essere modesto (in base alle esigenze del paziente), poi in un secondo momento, variabile a seconda del soggetto, si può aumentare la quantità di cibo. E’ necessario somministrare proteine ad alto valore biologico (carne, uova, pesce, ecc.) per ricostruire la massa muscolare depauperata.

La bulimia è caratterizzata da abbuffate spesso seguite da vomito provocato, a volte non determina gravi cali di peso. Le ragazze che vomitano spesso presentano lesioni dentali, perché usano lo spazzolino dopo il vomito e spalmano l’acido sui denti; è frequente notare segni sulle dita (segno di Russell) provocato dagli incisivi quando infilano le mani in gola per indurre il riflesso del vomito. La bulimia spesso è misconosciuta, anche se pare sia tre volte più frequente dell’anoressia, perchè nelle bulimiche il BMI indica solo lievi variazioni di peso. Il trattamento dietetico sarà quindi mirato al raggiungimento di un “peso ragionevole”.

Nella B.E.D. (obesità e disturbo da alimentazione incontrollata), fortemente in aumento, il trattamento dietetico deve mirare ad una perdita di peso di almeno il 10% .

Gli ortoressici escludono dalla loro alimentazione tutti i cibi che considerano impuri, in quanto contaminati da erbicidi, pesticidi, ed altre sostanze artificiali e si preoccupano in maniera eccessiva dei materiali e delle tecniche utilizzate per la preparazione dei pasti. Il loro regime alimentare spesso risulta sbilanciato e povero di alcuni importanti nutrienti e la difficoltà a consumare pasti fuori casa porta ad un progressivo isolamento sociale.

La bigoressia è una sindrome caratterizzata dalla preoccupazione, in soggetti visibilmente muscolosi, che il proprio corpo possa apparire gracile e dal desiderio ossessivo di possedere un corpo poderoso. Complicanze mediche del sovrallenamento possono essere: eccessivo calo ponderale, perdita di appetito, abbassamento delle difese immunitarie, indolenzimento muscolare cronico, tendiniti e problemi articolari, sovraffaticamento cardiaco, apatia, insonnia, irritabilità, depressione, amenorrea ed altre alterazioni ormonali (eccesso di cortisolo, ACTH, e prolattina). Queste persone fanno spesso abuso di sostanze anabolizzanti, che possono provocare alterazione dei test di funzionalità epatica, rischio di accidenti cardio e cerebro-vascolari, come infarto del miocardio e ictus cerebrale.

la Night Eating Syndrome è caratterizzata da iperfagia notturna associata ad insonnia e ad anoressia mattutina. Il numero delle calorie ingerite non è sempre superiore alla norma, non si notano abbuffate, anche se spesso c’è preferenza per i carboidrati. Frequentemente associata a depressione, obesità, ipertensione e diabete.

Cibo ed emotività: la nutrizione come scambio emotivo

di Federica De Nunzio, psicologa-psicoterapeuta.

I disturbi alimentari rappresentano un problema di sanità pubblica di crescente importanza per la loro diffusione, l’esordio sempre più precoce tra i giovani e l’eziologia multifattoriale complessa.

Disturbi dell'alimentazione e Covid-19

L’Istituto Superiore di Sanità ha posto l’accento sull’importanza di richiamare l’attenzione su tali disturbi nel corso della pandemia da Covid-19 per quattro motivi fondamentali:

  1.  Il rischio di ricaduta o peggioramento della malattia, derivante dalla paura del contagio e dalle restrizioni sociali;
  2.  L’aumento del rischio di infezione da COVID-19 tra chi soffre di disturbi dell’alimentazione, a causa della ridotta capacità dell’organismo e del sistema immunitario di combattere le infezioni;
  3.  La possibile comparsa di un disturbo dell’alimentazione ex novo o comportamenti di addiction, a causa della forte pressione emotiva a cui siamo sottoposti in questo periodo;
  4.  L’inadeguatezza dell’offerta di trattamenti psicologici e psichiatrici nel corso dell’emergenza COVID-19.

La nutrizione come scambio emotivo

L’eccessiva attenzione attribuita al peso, alla propria immagine corporea e al controllo dell’alimentazione rappresentano il tentativo di placare le proprie tensioni emotive, un modo per allontanare i conflitti interni.

Esiste infatti una connessione molto stretta tra cibo ed emotività che trae origine dalla qualità delle prime relazioni con le persone significative.

Fin dalla nascita il cibo costituisce per il bambino non solo una fonte di nutrimento, ma soprattutto di affetto. Mentre da un lato, infatti, il cibo rappresenta una fonte di piacere in quanto vede il calare della tensione biologica grazie all’intervento della madre che soddisfa il bisogno del bambino, dall’altro esso costituisce un’esperienza affettiva condivisa con la propria madre, fatta di vicinanza, di tenerezza e di coccole.

La nutrizione, quindi, assume carattere interattivo, di scambio emotivo tra madre e bambino, che consente al bambino di identificare i propri bisogni e alla madre di soddisfarli.

Alimentazione e psicologia infantile

Il bambino piccolo fin dalla nascita è in grado di comunicare il suo disagio con il pianto; ciò risulta di importanza fondamentale per aiutarlo a distinguere i propri bisogni.

Le risposte appropriate saranno per lui oltre che fonte di soddisfazione anche di stimolo alla consapevolezza sempre più chiara delle sue necessità.

Al contrario, se al momento del bisogno viene a mancare una risposta adeguata il bambino verrà a trovarsi in uno stato di confusione derivato dall’incapacità di distinguere gli impulsi biologici dall’esperienze emotive che ne derivano, nonché si troverà a vivere uno stato di tensione che diventa doloroso da sostenere e devastante in quanto il soggetto è privo di mezzi per fronteggiarla.

Come favorire un buon rapporto con il cibo

La garanzia di continuità affettiva che il bambino sperimenta quando la madre fornisce risposte adeguate alle richieste del bambino, consentono a quest’ultimo di tollerare l’assenza momentanea della madre e quindi la separazione. Ciò è possibile perché il bambino può, attraverso l’immaginazione, fare affidamento su un’esperienza positiva e interiorizzata di vicinanza. Sono i primi passi verso l’individuazione e l’autonomia.

Per ottenere un sano sviluppo è indispensabile quindi che ci sia comprensione da parte dell’ambiente rispetto alle necessità del bambino: quanto più appropriate saranno le risposte alle richieste, tanto maggiore sarà la capacità del bambino di differenziare le sensazioni, i pensieri e i sentimenti come da lui derivati e distinti dall’ambiente.

Dietro ai disturbi dell’alimentazione affiorano legami affettivi instabili, carenti, che spingono l’individuo, per arginare l’angoscia, a manipolare il proprio corpo attraverso il cibo, e a sedare l’angoscia causata dai traumi relazionali dell’infanzia, riempiendosi.

Luoghi comuni in campo nutrizionale

di Ersilia Palombi, Medico-Specialista in Scienza dell'alimentazione e Elettra Agovino, Biologa nutrizionista.

Quando si parla di alimentazione, impazzano i "luoghi comuni" spesso privi di fondamento e non facili da eliminare dalla mente delle persone. Questo determina grossolani errori nell’alimentazione quotidiana, o porta ad inutili sacrifici che servono solo ad aumentare tristezza e nervosismo. 

Si pensi agli "igienisti ad oltranza"(quelli che si sentono acculturati perché seguono tutte le trasmissioni televisive o consultano Internet senza sapere cosa cercare) o agli adolescenti che spesso creano danni irreversibili al proprio organismo adottando regimi alimentari estremamente "spartani", per lunghi periodi di tempo. 

Il concetto da stressare è che nessun alimento va demonizzato, nessun cibo va escluso dall’alimentazione di un soggetto sano, ma tutti vanno introdotti con moderazione e con raziocinio. 

Vediamo quali sono alcuni dei luoghi comuni più diffusi e discutiamone la fondatezza: 

La distribuzione degli alimenti nella settimana deve essere regolata da rigorose alternanze: FALSO   

Se è vero che la dieta deve essere varia, è anche vero che mangiare per due giorni di seguito la stessa pietanza non crea alcun grave danno alla salute. 

Questo messaggio è diretto soprattutto alle persone fintamente “igieniste” che, credendo di salvaguardare la salute, sono attentissime ad alternare la carne al formaggio, ma non sono invece altrettanto attente a quello che mangiano fuori pasto (in particolare assumono frequentemente bibite dolci, succhi di frutta, patatine fritte, aperitivi, rustici con wurstel …..). 

Questo comportamento è certamente più dannoso, per esempio, dell’uovo mangiato due volte alla settimana. 

E’ buona abitudine fare una colazione abbondante, un pranzo consistente ed una cena leggera.

 VERO 

Le calorie introdotte nelle prime ore della giornata, oltre a fornire il necessario apporto energetico, possono essere bruciate più facilmente lavorando o svolgendo qualsiasi attività. 

E’ più difficile smaltire una cena abbondante. 

Inoltre è un gravissimo errore (molto comune e diffuso negli ultimi anni) saltare il pranzo, in quanto si determina un accumulo serale di calorie (a cena si mangia di più), e non si stimola il metabolismo nel corso della giornata, perché più pasti piccoli determinano maggior dispendio energetico in fase di digestione. 

Per dimagrire bisogna eliminare pane e pasta   

FALSO 

Bisogna mangiarne porzioni corrette. 

L’alimentazione deve essere fisiologica ed equilibrata, escludere gli alimenti è un modo sbagliato di dimagrire perché innesta irregolarità che poi determinano un facile recupero di chili.  

Inoltre i carboidrati complessi, contenuti nella farina, hanno un elevato potere saziante. 

 E’ importante però che le porzioni non siano eccessive (noi mangiamo sempre un po’ troppo) e siano proporzionate all’attività fisica che riusciamo a svolgere quotidianamente. 

Seguire diete molto rigide può essere dannoso per la salute 

VERO 

Le diete molto rigide devono essere seguite unicamente in caso di reale bisogno (ad esempio in persone con notevole soprappeso, e ferme a letto) e solamente per brevi periodi sotto controllo medico. 

Questo perché  possono provocare affaticamento, aumento del rischio di calcolosi della colecisti (se sono troppo povere di grassi), e soprattutto, eccessiva perdita della massa magra (muscoli). 

 Inoltre è sempre preferibile non assumere farmaci, e ricordare che anche gli “integratori” non sostituiscono una dieta variata.  

Grissini , cracker e tarallini, al contrario del pane, non fanno ingrassare 

FALSO 

E’ errato! Infatti a parità di peso (100 grammi) questi prodotti contengono molte più calorie (430) di quelle del pane (290) ,(anche quelli senza grassi) e questo perché sono privi di acqua, che è invece contenuta in quest’ultimo. 

Chi volesse sostituire il pane con i cracker, per avere lo stesso apporto calorico, dovrà mangiarne 60 grammi, al posto di 100 grammi di pane. 

La scritta ”DIETETICO” non significa “DIMAGRANTE” 

VERO 

La scritta “dietetico” si può apporre agli alimenti destinati ad una alimentazione particolare, sono quindi dietetici gli alimenti” senza glutine”(che a volte contengono più grassi degli altri)  i cibi aproteici, i cibi dolcificati con edulcoranti ipocalorici, i cibi per la prima infanzia; ma spesso il numero di calorie e la quota di grassi presenti in un biscotto "dietetico" sono uguali o addirittura superiori a quelli di un prodotto simile cosiddetto "normale". 

Basta leggere l’etichetta nutrizionale per rendersi conto di quanto sia facile acquisire questa notizia.   

Bisogna per forza raggiungere e mantenere il peso “IDEALE”            

FALSO 

Non esiste un peso ideale, per ogni persona esiste un peso "desiderabile".

Un sistema abbastanza rapido per conoscerlo è dividere il proprio peso in KG per l’altezza in metri elevata al quadrato 

(peso in KG/ (altezza in metri)2, il risultato deve essere compreso fra 19 e 25 per i normopeso. 

 Come si può facilmente capire l’intervallo è abbastanza ampio quindi non è necessario raggiungere pesi eccessivamente bassi.  

Questo  Indice di Massa Corporea (IMC), è utilizzato su popolazione e non tiene conto della massa magra, si può però usare  l’impedenziometro, che permette di valutare la composizione corporea del singolo soggetto. 

 La circonferenza vita non deve superare gli 88 centimetri nella donna e i 102 centimetri nell’uomo. 

Inoltre ricordiamo che il peso varia fisiologicamente anche con il passare degli anni, così come il grasso corporeo si ridistribuisce in maniera diversa a seconda del periodo della nostra vita (per esempio nelle donne in menopausa il grasso si deposita in particolare nella zona dell’addome, anche se il peso resta nei limiti). 

L’attività fisica è fondamentale

VERO

 E’ importante praticare attività fisica costante, raggiungere i 10mila passi al giorno, camminare per mezz’ora tutti i giorni, salire le scale a piedi, evitare l’automobile e se possibile frequentare una palestra con regolarità.  

Attenzione però, l’attività fisica deve essere proporzionata alla quantità di calorie introdotte.  

Quanta attività fisica serve per smaltire un hamburger + patatine (400 calorie) 

Corsa 49 minuti 

Nuoto 59 minuti 

Tennis 61 minuti 

Bici 66 minuti 

Passeggiata 85 minuti 

Palestra 101 minuti 

*Quelli che seguono sono consigli generici, per tutti, regimi particolari vanno discussi con il medico per adeguare il regime alimentare alle varie esigenze e ad eventuali patologie. 

Cosa “NON FARE 

*Scorte di “cose buone” a casa 

*Bere bibite dolci e frizzanti 

*Mangiare creme o budini che non richiedono masticazione e che pertanto non saziano, ma contengono grassi e zuccheri semplici 

*Mangiare una sola volta al giorno o in maniera disordinata 

*Pensare al peso solo quando si avvicina l’estate e la “ prova costume” 

*Eliminare pane, pasta, o legumi, bisogna solo limitarne le quantità 

*Continuare a pensare alla “dieta che comincerà domani” seduti a tavola a stomaco pieno ….. e cambiare idea il mattino seguente.

Dieta e vacanze di Natale… ai tempi del Covid

Di Elettra Agovino, Biologa nutrizionista

La domanda più frequente nel periodo che precede il Natale è: “Ma almeno a Natale posso mangiare?”

La risposta è deducibile, è possibile mangiare “liberamente” nei giorni di festa, seppur cercando di tenere un freno.

Il programma da seguire è semplice: Dieta libera ma moderata nei giorni festivi (24-25-26 dicembre – 31 dicembre e 1 gennaio).

Come fare?

Nei giorni successivi è fondamentale riprendere nuovamente la dieta per due motivi:
1) porre rimedio subito ai danni della dieta libera, cercando di perdere almeno parte dei chili presi durante cenoni e pranzi di Natale
2) una breve pausa può talvolta essere un aiuto per chi è a dieta da molto tempo e tende a stancarsi, ma può anche essere deleterio per quelle persone la cui volontà vacilla, infatti se non si riprende subito la dieta e si aspetta la fine del periodo festivo (dopo il 6 gennaio) sarà quasi impossibile ricominciare perché verrà meno la determinazione.

Il periodo natalizio è molto lungo e tende a mettere a dura prova la volontà di chi segue una dieta perché durante “Novena natalizia” (dall’8 dicembre al 6 gennaio) generalmente in casa sono presenti in maggiori quantità dolci e cioccolata che portano a “sgarrare”.

Anche chi non segue un regime alimentare particolare dovrebbe prestare attenzione ai giorni che intercorrono tra Natale e l’Epifania per evitare che quindici giorni consecutivi di “abbuffate” regalino a gennaio qualche chilo in più.

Attenzione quindi ai cibi che continuano a circolare dopo i giorni festivi, alla tentazione di brindare più volte con la “scusa della festa”, agli stuzzichini conviviali durante le tombolate e le riunioni con gli amici.

Ma come è cambiata questa situazione nell’anno della pandemia?
Purtroppo è cambiata in peggio, perché nonostante siano ridotte le occasioni di incontri e le cene con gli amici, si trascorre più tempo in casa e quindi a contatto con le “tentazioni”. Inoltre, salvo rare eccezioni, in questo periodo è anche molto limitata la pratica dell’attività fisica, sia nei bambini, che passano meno tempo a correre e giocare all’aperto, che negli adulti i quali tendono a trascorrere la maggior parte del loro tempo sul divano a consumare snack e dolciumi che diventano veri e propri “Confort food” ovvero quei cibi che ci fanno sentire a nostro agio nei periodi di forte stress come quelli che stiamo vivendo.

La soluzione ottimale è quindi quella di tenersi impegnati, così da ricercare meno supporto nel cibo, limitando le abbuffate nervose e di noia, così da non danneggiare non solo il corpo ma anche la mente.