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Cosa succede dopo un evento traumatico?

di Federica De Nunzio, psicologa psicoterapeuta, terapeuta EMDR

Il cervello di ognuno di noi possiede la capacità di elaborare le esperienze traumatiche e di collocare i ricordi in maniera costruttiva e adattiva all'interno delle proprie esperienze. Quando questo non avviene in modo naturale, si continua a soffrire per l'evento traumatico anche a distanza di moltissimo tempo dall'evento stesso e non si riesce a condurre una vita soddisfacente dal punto di vista lavorativo e relazionale. In questi casi, quindi, il passato è presente.

L'essere stato vittima di un evento traumatico porta a conseguenze che possono essere riscontrabili non solo a livello emotivo, ma lasciano il segno anche nel corpo di chi è sopravvissuto a uno di questi eventi. Le ricerche scientifiche hanno dimostrato che le persone che hanno vissuto traumi importanti nel corso della vita portano i segni anche a livello cerebrale, mostrando, ad esempio, un volume ridotto sia dell'ippocampo che dell'amigdala, aree deputate alla memoria, all'apprendimento e alle emozioni. Ciò che ha un impatto emotivo molto forte si ripercuote, quindi, anche a livello corporeo; risulta evidente che intervenire direttamente sull'elaborazione di questi eventi traumatici abbia un effetto anche sulla neurobiologia del nostro cervello.

Subito dopo aver vissuto un evento traumatico il nostro organismo e il nostro cervello vanno incontro ad una serie di reazioni di stress fisiologiche, che nel 70-80% dei casi tendono a risolversi naturalmente senza un intervento specialistico. Questo avviene perché l'innato meccanismo di elaborazione delle informazioni presente nel cervello di ognuno di noi è stato in grado di integrare le informazioni relative a quell'evento all'interno delle reti mnestiche del nostro cervello, rendendolo "digerito", ricollocato in modo costruttivo e adattivo all'interno della nostra capacità di narrare l'accaduto. Ma cosa succede quando questo non avviene?

Alcune persone continuano a soffrire per un evento traumatico anche a distanza di moltissimo tempo dall'evento stesso. Spesso riportano di provare le stesse sensazioni angosciose e di non riuscire per questo motivo a condurre una vita soddisfacente dal punto di vista lavorativo e relazionale. In questi casi, quindi, il passato è presente.

Questo quadro sintomatologico, che può arrivare fino al delinearsi di un Disturbo da Stress Post-Traumatico, è caratterizzato appunto dal "rivivere" continuamente l'evento traumatico, continuando a provare tutte le emozioni, sensazioni e pensieri negativi esperiti in quel momento. E' proprio quando ci si rende conto che le reazioni sono di questo tipo e che la sofferenza è significativa che è necessario chiedere aiuto ad uno specialista.

Nel corso degli ultimi anni, numerosi studi hanno dimostrato come gli eventi di vita avversi, soprattutto durante l'infanzia, possono portare allo stesso numero, o a un numero maggiore, di sintomi relativi al Disturbo post-traumatico da stress rispetto a quanto fanno gli eventi di grandi portata, causando disagi e difficoltà in numerosi ambiti della vita.

Da uno studio effettuato su più di 17.000 pazienti (Felitti el al., 1998) è emerso che maggiore era il numero di esperienze infantili avverse, maggiore era la probabilità di sviluppare problemi relativi alla salute mentale, come alcolismo, abuso di droghe, depressione, così come problemi di salute organici (per esempio disturbi al cuore, al fegato e ai polmoni, tumori e fratture ossee).

La ricerca ha continuato a fornire prove a sostegno degli effetti negativi delle esperienze infantili avverse, mostrando per esempio che, al di là dell’aver subito veri e propri abusi o dell’aver assistito a violenza domestica:

  • Anche quelle punizioni fisiche particolarmente dure subite durante l’infanzia, che non arrivavano al livello di abuso di minore, sono associate allo sviluppo di disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, abuso di sostanze/dipendenza, e disturbi di personalità durante l’età adulta (Afifi et al., 2012).
  • L’abuso verbale subito in famiglia o dal gruppo di pari si associa ad ansia, depressione ed uso di droghe (Teicher et al., 2006 e 2010).
  • Le esperienze di vita avverse contribuiscono allo sviluppo della depressione (Heim, Plotsky, Nemeroff, 2004).
  • Esiste una relazione tra esperienze di vita avverse e disturbi psicotici. Secondo alcuni studiosi, infatti: “Contrariamente a quanto è stato a lungo sostenuto tra i ricercatori e i clinici orientati verso le teorie biologiche, l’eziologia delle psicosi e della schizofrenia possiede una base sociale (per esempio, eventi avversi subiti durante le prime fasi della vita) altrettanto forte di quella di altri disturbi psicologici come ansia e depressione. (Read et al.,2014).

Le ricerche dimostrano come gli effetti di tali esperienze avverse infantili possano essere profondi e duraturi; la causa di tali effetti risiede nella mancata elaborazione dei ricordi relativi a tali eventi, che dunque restano immagazzinati insieme agli elementi cognitivi, emotivi e somatici così come sono stati esperiti originariamente dall’individuo.

Ma cosa si intende per esperienze infantili avverse?

Con tale terminologia si intende qualsiasi delle seguenti esperienze vissute all’interno del contesto famigliare prima dei 18 anni:

  • Maltrattamento fisico ricorrente
  • Maltrattamento psicologico ricorrente
  • Abuso sessuale
  • Presenza di una persona dipendente da alcol o da sostanze all’interno del nucleo famigliare
  • Presenza di una persona incriminata per un reato all’interno della famiglia
  • Un membro della famiglia gravemente depresso, con disturbi mentali conclamati, istituzionalizzato o suicidario
  • Presenza di un genitore che viene trattato in modo violento
  • Presenza di un solo o nessun genitore
  • Trascuratezza fisica
  • Trascuratezza emotiva.

Le esperienze sfavorevoli infantili sono associate al 44% delle psicopatologie durante lo sviluppo e al 30% negli adulti e sono le cause più frequenti di disturbi psicologici a tutte le età (Archives of Psychiatry, 2010).

Le ripercussioni, come abbiamo visto non sono soltanto sul piano psicologico. I bambini che vivono esperienze traumatiche del genere, infatti, sono più soggetti allo sviluppo di patologie croniche come il diabete, la pressione alta, o anche a ictus e infarti (Proceedings of the National Academy of Sciences, 2013).

Ma purtroppo non è tutto. L’esposizione ad eventi stressanti in età precoce rende il cervello meno resistente agli effetti degli eventi stressanti successivi, nel corso della vita. Questo fenomeno ha delle precise basi fisiologiche. Un bambino ha meno risorse di un adulto per fare fronte alle esperienze stressanti. Pertanto queste, specialmente se legate al contesto familiare o dei pari, non sono gestibili da parte del bambino e diventano croniche. Se lo stress è cronico, esso produce livelli tossici di neurotrasmettitori che uccidono le cellule del cervello, in modo particolare nell’ippocampo, area deputata all’apprendimento, alla memoria e alle emozioni. Nel cervello dei giovani adulti maltrattati o trascurati durante l’infanzia è possibile osservare cambiamenti strutturali specifici in regioni chiave sia interne sia vicine all’ippocampo. Alti livelli di ormone dello stress associati a diversi tipi di maltrattamento possono danneggiare quindi l’ippocampo che, a sua volta, può influenzare l’abilità delle persone di affrontare gli eventi stressanti nel corso della vita. Essendo danneggiate le sedi cerebrali deputate alla memoria e all’apprendimento, risulterà ancor più difficile apprendere a gestire le situazioni stressanti (presenti e future) e le emozioni ad esse connesse. Questi cambiamenti possono rendere i soggetti molto più vulnerabili all’insorgenza di depressione, ansia, PTSD e dipendenze.

L’abuso influisce anche sul sistema neuroendocrino, alterando la produzione dell’ormone regolatore dello stress cortisolo e neurotrasmettitori come adrenalina, dopamina, serotonina, che influiscono sull’umore e sul comportamento. Questi effetti riducono a lungo andare anche la funzionalità del sistema immunitario determinando gli affetti sulla salute fisica sopra menzionati.

La buona notizia è che un attento e serio lavoro sulla propria storia di esperienze infantili avverse, per mezzo della psicoterapia può avere effetti significativi nella “guarigione” dalle conseguenze negative di tale storia personale.

Purtroppo, per alcuni, l’esposizione a certe forme di maltrattamento o trascuratezza in infanzia è stata talmente continua e frequente, che tali esperienze vengono semplicemente reputate il modo “normale” di vivere l’infanzia: tali persone non sono pienamente consapevoli delle ferite subite. Gli effetti però si rendono spesso evidenti attraverso tutta una serie di sintomi e disagi psico-fisici sperimentati in diversi ambiti della vita (dai problemi relazionali, a quelli lavorativi, alle dipendenze relazionali e da sostanze, a problemi di ansia e di umore, alla difficoltà di gestire le emozioni, oltre a certe problematiche fisiche come quelle citate). Pertanto, quando si riscontrano difficoltà del genere, sarebbe opportuno rivolgersi a un professionista per valutare la presenza di esperienze traumatiche nel proprio passato. Fortunatamente oggi tecniche psicoterapeutiche avanzate, come l’EMDR, permettono di rielaborare in modo funzionale le esperienze negative del presente e del passato e superarne gli effetti sulla salute psicofisica.

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